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Welfare aziendale e sviluppo sostenibile

Aumentare il valore dell’impresa massimizzando il benessere del lavoratore

Il capitale umano è il fattore di sviluppo principale della ricchezza per ogni organizzazione economica di successo. Così insegnano Theodore Shultz (economista e vincitore del Premio Nobel nel 1979) e i suoi illustri predecessori Adam Smith (1776), Alfred Marshall (1879) e William Petty (1676).
Le aziende oggi non possono ignorare l’esigenza di svilupparsi incrementando l’efficienza delle risorse umane: i dipendenti rappresentano lo strumento mediante cui ogni impresa produce beni e servizi e dalla loro produttività dipende il funzionamento della stessa azienda.

Per fare ciò è necessario adottare un approccio di gestione delle risorse umane che migliori la felicità dei dipendenti, aumentandone la soddisfazione professionale con adeguati livelli di retribuzione fissa e variabile (legata alla performance dell’azienda).

Tra gli elementi di retribuzione variabile spiccano quelli legati al welfare aziendale. Si tratta di elementi retribuitivi variabili predisposti dall’azienda in base alla propria performance e col preciso fine di migliorare il rapporto coi dipendenti, attribuendogli anche elementi retributivi non economici, i così detti fringe benefits. Questi sono elementi remunerativi complementari alla retribuzione base che consistono in beni o servizi assoggettati a regimi di imposizione retributiva e fiscale vantaggiosi, sia per il datore di lavoro che per il dipendente.

Il ruolo del welfare aziendale in Italia

L’utilizzo di elementi retributivi variabili ha trovato diffusione in primis nelle imprese di grandi dimensioni (ENI, ATM, Philips Italia, Luxottica e Ferrero) per poi esser applicato anche nelle piccole e medie imprese. In Italia hanno avuto un ruolo determinante le leggi di bilancio del 2016 e quella del 2017, entrambe volte a dare un ruolo strutturale al welfare aziendale, prevedendo benefici rilevanti sia in termini di agevolazioni fiscali che contributive.

Le due leggi di bilancio prevedono che ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettera f) del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) non concorrono a formare reddito da lavoro dipendente i valori economici delle opere e dei servizi per le finalità di cui al successivo art. 100, comma 1, messi a disposizione di tutti i dipendenti o delle categorie di dipendenti e familiari dei dipendenti stessi. Parliamo di servizi aventi finalità sociale di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria e di culto. Gli stessi privilegi fiscali e previdenziali sono previsti per le erogazioni fatte dal datore di lavoro per il rimborso di spese sanitarie versate ad enti e casse aventi finalità sociale.

Quali sono i vantaggi del welfare aziendale?

Il miglioramento del clima aziendale è uno dei vantaggi tangibili nell’adozione del welfare aziendale, unito a un maggior coinvolgimento dei dipendenti nella vita d’impresa: questi possono essere definiti benefici legati a fattori non strettamente economici. I recenti interventi normativi in tema di decontribuzione e defiscalizzazione delle somme investite in piani welfare producono un duplice beneficio, oggi a disposizione di tutte le aziende: aumentare la retribuzione non economica del dipendente e diminuire il costo del lavoro.
Il welfare aziendale può essere dunque un  interessante strumento di implementazione della retribuzione dei lavoratori e di miglioramento della loro felicità. Vediamo quindi come applicarlo nelle Micro e Piccole Medie Imprese.

Come strutturare un piano welfare?

Vi sono una serie di attività da svolgere a tal proposito. Inizialmente l’amministrazione deve progettare una strategia per raggiungere degli obiettivi, organizzando i fattori produttivi proprio al fine di promuovere lo sviluppo delle risorse umane. In particolare, debbono essere individuati i punti di forza, quelli di debolezza, le opportunità e le minacce legate all’adozione di un piano welfare.

Le attività da svolgere sono le seguenti:

  • definire gli obiettivi dell’impresa: essi vengono individuati svolgendo l’analisi della situazione aziendale esistente, partendo dalla verifica dei conti societari e della produttività. L’approccio che porta a definire gli obiettivi può essere di tipo economico (rivolto al contenimento dei costi del personale) oppure strategico (improntato al riconoscimento del capitale umano tra i fattori di sviluppo dell’organizzazione);
  • analizzare il bisogno della popolazione aziendale: si tratta di censire le esigenze dei propri dipendenti. Il management aziendale deve quindi svolgere una duplice tipologia di indagine: quella volta a comprendere il clima aziendale (inteso quale grado di coinvolgimento emotivo ed intellettuale dei dipendenti) e quella diretta ad individuare i bisogni in concreto dei dipendenti (analisi di tipo tecnico, sociologico e demografico volta a mappare i lavoratori per categorie, età, istituzione e composizione del nucleo familiare, con lo scopo di far emergere le esigenze di welfare di ciascuno). L’analisi dei bisogni viene svolta mediante questionari anonimi standard, condividendone successivamente i risultati con la popolazione aziendale;
  • attivazione dell’intervento welfare: l’intervento può esser attuato mediante un piano imposto unilateralmente dal datore di lavoro oppure mediante disposizioni di contratto, di regolamento collettivo o di accordo aziendale. In entrambi i casi deve essere adottato un regolamento: solo in presenza del regolamento l’azienda può dedurre integralmente i costi di beni e servizi attribuiti ai dipendenti mediante questo strumento. L’adozione del piano welfare contrattuale può esser agevolata dal fatto che l’azienda applichi una contrattazione collettiva, territoriale o aziendale, che preveda delle misure welfare per i dipendenti;
  • redazione del piano welfare: si individuano i servizi offerti e le modalità di fruizione per i dipendenti. I fondi previsti da bandi nazionali ed europei possono essere un valido strumento che l’azienda può utilizzare per finanziare il proprio piano. Per quanto riguarda la gestione del piano welfare, l’azienda può affidarsi ad una struttura informatica: esistono infatti apposite piattaforme che sgravano da qualsiasi onere il dipartimento risorse umane delegando integralmente a terzi la gestione pratica del welfare aziendale. Le piattaforme raccolgono tutti i servizi previsti dal piano suddivisi per categorie (famiglia, previdenza, assistenza sanitaria, spesa, mutui, sport) e permettono a ciascun lavoratore di accedere con le proprie credenziali e spendere il credito welfare;
  • comunicazione del piano welfare al personale: il progetto deve esser comunicato affinché i dipendenti siano consapevoli della sua esistenza ed inizino ad usufruirne. La comunicazione del piano può esser gestita con riunioni di gruppo oppure adattandola alla tipologia di dipendenti cui si rivolge;
  • verifica degli effetti prodotti dal piano welfare: è fondamentale per misurarne efficacia ed efficienza e, quindi, per vagliare la soddisfazione dei lavoratori.

In conclusione il sistema di welfare aziendale rappresenta un utile strumento per aumentare l’efficienza e la soddisfazione dei propri dipendenti fruendo di importanti sgravi contributivi e fiscali.

Per ulteriori informazioni e per una valutazione di fattività per la vostra azienda, non esitate a contattarci all’email info@mphlex.it

avv. David Satta Mazzone

2 responses on “Welfare aziendale e sviluppo sostenibile

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  2. […] e dei vantaggi che questo comporta per imprese e dipendenti nel nostro articolo dal titolo Welfare aziendale e sviluppo sostenibile. Aumentare il valore dell’impresa massimizzando il beness…. Ritorniamo sul tema poiché il 29 marzo 2018 è stata pubblicata la Circolare esplicativa […]

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